Lapponia svedese. Terra di laghi e fiumi. Dove le distese di conifere cedono il posto ad arbusti bassi, muschi e licheni. La tundra. Terra di renne e di alci, di volpi e di orsi. E di zanzare feroci. Terra di cacciatori. Un’unica strada, un’unica ferrovia, ogni tanto una casa. In legno, naturalmente, con il muschio al posto delle tegole. Terra di vecchi Volvo scassati. Terra di miniere e di montagne innevate sullo sfondo, terra silenziosa. Di un silenzio infinito, irreale. Indigestione di carne di renna.
Lapponia norvegese. Terra di boschi rigogliosi e foreste di pini. E di mare. Terra di neve che si specchia nell’oceano atlantico. Dove la convivenza della calda corrente del golfo con il freddo polare crea un paesaggio da togliere il fiato, in un matrimonio perfetto tra mare e montagna. Terra di cacciatori di balene e pescatori, terra di fiordi. Casette colorate invecchiate dal sole e dal gelo. Indigestione di salmone affumicato.
Incredibilmente diverse, terribilmente suggestive. Natura selvaggia e incontaminata, a 200 km oltre il circolo polare artico. Più a nord di qui non c’è molto: Babbo Natale, Nordkapp, poi ancora il mare, poi i ghiacci polari. E poi Dio. La Lapponia è vedere paesaggi che non pensavo potessero esistere davvero, pur bazzicando la montagna fin da bambino. Perché non te la puoi immaginare finché non ci vai. Lapponia è non incrociare nessun’altra macchina per 120km, o scorgere in lontananza i resti di vecchi accampamenti Saami. E’ frenare di colpo e spegnere il motore, e guardare trattenendo il respiro una famiglia di renne gironzolare incuriosita intorno alla macchina e sbirciare dentro dai finestrini, e poi attraversare. E’ sdraiarsi sulla riva di un lago aspettando la mezzanotte, e vedere il sole ricominciare a salire nel cielo senza essere tramontato. La Lapponia è una terra difficile, al di là del clima. Che ti rimbambisce, ti sfasa. Perché qui non hai più punti di riferimento, non capisci più che ore sono, se è giorno o se è notte, se devi dormire o star sveglio, aver sonno oppure no, se devi dire ieri o oggi. Qui non capisci più niente. Ma più di tutto, la Lapponia d’estate è luce. Una luce che non ha eguali, che a parole non si riesce a spiegare, perché devi vedere, la devi vedere, perché se non vedi non credi, non sembra possibile. Una luce che è inutile farci le foto, che tanto non riesci a catturarla, a fermare in un click quella miriade di colori, di movimenti, di sfumature. Una luce che non ti da un attimo di tregua. Ti entra dentro, ti costringe a guardarla, ti obbliga, ti grida. E allora togli gli occhiali e apri gli occhi, e tienili spalancati più che puoi, anche se ti acceca, anche se ti fa starnutire, anche se speri e hai paura che servirà, fino a quando è di nuovo mattino, fino a quando il sole tramonta, fino al prossimo autunno, fino a quando diventerai grande, fino alla nausea, fino a quando non ce la fai più, che ti da fastidio, che sei quasi cieco, che è ora di andare.
Spalanca gli occhi a più non posso, per riempirti gli occhi di Svezia e non perderne nemmeno una goccia.
Perché dei colori come in Lapponia d’estate, io non li avevo visti mai.
lunedì 23 giugno 2008
Into the wild: Lapland & Me
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