Stoccolma in un solo giorno. Troppo poco, in assoluto. Troppo, pensando alle mille cose che già così vorrei scrivere. Alla rinfusa, alcuni stralci del nostro breve soggiorno.
Treno regionale da Linkoping. Che poi equivale a un nostro eurostar, come qualità: tavolino ogni due sedili, posti comodi, porte automatiche che si aprono quando le sfiori. E soprattutto puntualissimo, spacca il secondo.
Iniziamo la nostra visita dal municipio, per poi attraversare la città vecchia in direzione ostello. Per le vie della città vecchia ci sentiamo davvero a casa. Ristoranti italiani dappertutto, scritte in italiano ad ogni angolo. E’ proprio vero che siamo il popolo più babbo, che appena vediamo un'insegna nella nostra lingua madre ci precipitiamo. Esemplare il cartello: ‘Ciao amico! Compra un calzone al forno e una coca-cola e buon appetito!’. Vuoi mettere? Come può un Italiano Vero resistere a cotanta dimostrazione di affetto e amicizia!? Che polli… Noi che siamo astuti, invece, non ci facciamo abbindolare e, come da tradizione, per il pranzo scegliamo un posticino tipico e caratteristico: il primo Mc che troviamo.
Ostello. Stoccolma sud, quella più vivace by night, la zona preferita da Kent. Ricorda un po’ la Budapest dei larghi vialoni, delle mille razze, della sporcizia per terra e delle macchine zarre.
Un buco. Probabilmente abusivo, gestito da due aitanti africani e dalle loro amichette. Due stanze in tutto, una è la reception e l’altra la camerata. Che poi più che una camerata è una cameretta: 4 letti a castello ammassati uno sull’altro, giusto lo spazio per il passaggio di una persona alla volta. La reception è una stanza con divani leopardati (su cui sono mollemente adagiate due sorelle), una credenza con il necessario per la colazione e uno schermo al plasma. Alla parete è appesa una mappa formato gigante dell’Africa. Una delle ‘sista’ ci chiede se abbiamo intenzione di andare in Tanzania, per vedere elefanti, giraffe e altri luoghi comuni. Quando un innocente ‘where is Tanzania?’ riecheggia nell’aria l'imbarazzo riempie la stanza e la paura di essere accoltellati sul posto si fa più marcata. Ma è solo un’impressione, la matrona sorride compiaciuta e ce la indica sulla cartina, elencando le principali attrazioni del luogo. Che tanto per accoltellarci avranno tempo tutta la notte.
Non ci sono armadietti per chiudere le proprie cose. L’affabile proprietario mi dice, con fare alla ‘ehi bello, di me ti puoi fidare!’, che se ho qualcosa di valore lo posso consegnare a lui, che provvederà lui a tenerlo al sicuro fino al giorno successivo. Mentre rispondo che, no grazie ma non ho oggetti di valore con me, me lo immagino investire in tempo zero i proventi del mio portafoglio-fotocamera-passaporto in una partita di colombiana purissima. Ha l’aria talmente affidabile che decido in seduta stante che la notte dormirò con la giacca addosso e tutto nelle tasche.
Il pomeriggio lo dedichiamo alla parte moderna della città e alla visita del Vasa, sfigatissimo vascello del ‘600 affondato appena uscito dal porto, 5 minuti dopo il varo.
Piazza principale, ci lasciamo trasportare dall’ eterogeneo flusso di gente che popola la zona dei centri commerciali. Si va da variopinti gruppetti di punk, a manifestanti arrabbiati (ebbene sì, anche in Svezia fanno le manifestazioni!), a giovani amanti dello shopping. Per inciso, cercando un bagno riusciamo a perderci dentro H&M, uno dei più grandi del mondo.
Sera. I pub della zona sono pieni di gente, ci sono un sacco di giovani in giro. Dopo avere cenato con calma, girato due locali e bevuto due birre guardiamo l’ora, pronti per tornare in ostello. Sono le 21.30. Com’è possibile? Presi dallo sconforto iniziamo a passeggiare avanti e indietro senza una meta, decisi a tutti i costi a non arrenderci al tempo che non vuole passare. Nel frattempo perdiamo e ritroviamo un portafoglio, impariamo a memoria un motivetto alla fisarmonica, seguiamo due ragazze fino allo sportello del bancomat e ci malediciamo per avere portato dietro gli zaini. Infine ci infiliamo in un altro locale e, da spettatori, ci godiamo le altrui sbornie.
Arrivata con fatica la mezzanotte rientriamo in ostello. I fratelli tanzaniani stanno cenando. E meno male che gli avevamo chiesto le chiavi per poter tornare tardi la sera! Essendo i primi ad andare a letto assistiamo durante la notte all’arrivo di tutti gli altri ospiti dell’ostello. Per ogni ospite che arriva si ripete puntualmente la stessa scena: apre la porta chiacchierando a voce alta, accende la luce della stanza, si accorge della nostra presenza nel letto, dice ‘Oh, shit!’ e rispegne la luce. Insomma, tra il via vai, la giacca che indosso con le tasche gonfie, e il timore di essere accoltellato non passo una gran nottata.
Finalmente suona la sveglia, devo tornare subito a Linkoping per il ‘Russia meeting’. Mentre mi vesto, scopro con stupore che i due proprietari stanno dormendo nel letto accanto al nostro.
Ebbene sì, l’ostello in realtà è la loro casa!!
Treno regionale da Linkoping. Che poi equivale a un nostro eurostar, come qualità: tavolino ogni due sedili, posti comodi, porte automatiche che si aprono quando le sfiori. E soprattutto puntualissimo, spacca il secondo.
Iniziamo la nostra visita dal municipio, per poi attraversare la città vecchia in direzione ostello. Per le vie della città vecchia ci sentiamo davvero a casa. Ristoranti italiani dappertutto, scritte in italiano ad ogni angolo. E’ proprio vero che siamo il popolo più babbo, che appena vediamo un'insegna nella nostra lingua madre ci precipitiamo. Esemplare il cartello: ‘Ciao amico! Compra un calzone al forno e una coca-cola e buon appetito!’. Vuoi mettere? Come può un Italiano Vero resistere a cotanta dimostrazione di affetto e amicizia!? Che polli… Noi che siamo astuti, invece, non ci facciamo abbindolare e, come da tradizione, per il pranzo scegliamo un posticino tipico e caratteristico: il primo Mc che troviamo.
Ostello. Stoccolma sud, quella più vivace by night, la zona preferita da Kent. Ricorda un po’ la Budapest dei larghi vialoni, delle mille razze, della sporcizia per terra e delle macchine zarre.
Un buco. Probabilmente abusivo, gestito da due aitanti africani e dalle loro amichette. Due stanze in tutto, una è la reception e l’altra la camerata. Che poi più che una camerata è una cameretta: 4 letti a castello ammassati uno sull’altro, giusto lo spazio per il passaggio di una persona alla volta. La reception è una stanza con divani leopardati (su cui sono mollemente adagiate due sorelle), una credenza con il necessario per la colazione e uno schermo al plasma. Alla parete è appesa una mappa formato gigante dell’Africa. Una delle ‘sista’ ci chiede se abbiamo intenzione di andare in Tanzania, per vedere elefanti, giraffe e altri luoghi comuni. Quando un innocente ‘where is Tanzania?’ riecheggia nell’aria l'imbarazzo riempie la stanza e la paura di essere accoltellati sul posto si fa più marcata. Ma è solo un’impressione, la matrona sorride compiaciuta e ce la indica sulla cartina, elencando le principali attrazioni del luogo. Che tanto per accoltellarci avranno tempo tutta la notte.
Non ci sono armadietti per chiudere le proprie cose. L’affabile proprietario mi dice, con fare alla ‘ehi bello, di me ti puoi fidare!’, che se ho qualcosa di valore lo posso consegnare a lui, che provvederà lui a tenerlo al sicuro fino al giorno successivo. Mentre rispondo che, no grazie ma non ho oggetti di valore con me, me lo immagino investire in tempo zero i proventi del mio portafoglio-fotocamera-passaporto in una partita di colombiana purissima. Ha l’aria talmente affidabile che decido in seduta stante che la notte dormirò con la giacca addosso e tutto nelle tasche.
Il pomeriggio lo dedichiamo alla parte moderna della città e alla visita del Vasa, sfigatissimo vascello del ‘600 affondato appena uscito dal porto, 5 minuti dopo il varo.
Piazza principale, ci lasciamo trasportare dall’ eterogeneo flusso di gente che popola la zona dei centri commerciali. Si va da variopinti gruppetti di punk, a manifestanti arrabbiati (ebbene sì, anche in Svezia fanno le manifestazioni!), a giovani amanti dello shopping. Per inciso, cercando un bagno riusciamo a perderci dentro H&M, uno dei più grandi del mondo.
Sera. I pub della zona sono pieni di gente, ci sono un sacco di giovani in giro. Dopo avere cenato con calma, girato due locali e bevuto due birre guardiamo l’ora, pronti per tornare in ostello. Sono le 21.30. Com’è possibile? Presi dallo sconforto iniziamo a passeggiare avanti e indietro senza una meta, decisi a tutti i costi a non arrenderci al tempo che non vuole passare. Nel frattempo perdiamo e ritroviamo un portafoglio, impariamo a memoria un motivetto alla fisarmonica, seguiamo due ragazze fino allo sportello del bancomat e ci malediciamo per avere portato dietro gli zaini. Infine ci infiliamo in un altro locale e, da spettatori, ci godiamo le altrui sbornie.
Arrivata con fatica la mezzanotte rientriamo in ostello. I fratelli tanzaniani stanno cenando. E meno male che gli avevamo chiesto le chiavi per poter tornare tardi la sera! Essendo i primi ad andare a letto assistiamo durante la notte all’arrivo di tutti gli altri ospiti dell’ostello. Per ogni ospite che arriva si ripete puntualmente la stessa scena: apre la porta chiacchierando a voce alta, accende la luce della stanza, si accorge della nostra presenza nel letto, dice ‘Oh, shit!’ e rispegne la luce. Insomma, tra il via vai, la giacca che indosso con le tasche gonfie, e il timore di essere accoltellato non passo una gran nottata.
Finalmente suona la sveglia, devo tornare subito a Linkoping per il ‘Russia meeting’. Mentre mi vesto, scopro con stupore che i due proprietari stanno dormendo nel letto accanto al nostro.
Ebbene sì, l’ostello in realtà è la loro casa!!
1 commento:
Una Stoccolma raccontata in modo esemplare, davvero sembrava di essere lì a zonzo con voi! Magici moru, continuano a darmi sempre + soddisfazioni... e ovviamente l'ignoranza italiana regna sovrana incontrastata! ;-) L'Africa nera, questa sconosciuta...
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